La musica, dentro
Ho suonato nella Grande Orchestra Occitana...
Come il tamburino del celebre canto natalizio, non avevo nulla da portare, solo il mio organetto e quelle poche note che, da principiante, riesco a suonare. Ma l’Orchestra Occitana è diversa da tutte le altre: non seleziona ma accoglie, non esclude ma include: basta saper suonare musica occitana.
Lo “zoccolo duro” della Grande Orchestra Occitana è costituito dai maestri dei corsi di musica occitana (Roberto Avena, Simonetta Baudino, Sergio Berardo, Enrica Bruna, Chiara Cesano, Carlo Revello, Riccardo Serra), e da altri musicisti provetti, ma la maggior parte dei suonatori sono dilettanti, di tutte le età e di tutte le provenienze: l’orchestra è così un vero e proprio “specchio della vita”, uno spaccato della società inevitabilmente variegato e “plurale”.
Ho suonato nella Grande Orchestra Occitana e ho scoperto l’altra faccia della musica, ho imparato com’è la musica, dentro. Tra ascoltare un’orchestra e suonarvi dentro c’è la stessa differenza che intercorre tra guardare il mare dalla riva e nuotarvi dentro, al largo: non vedi più le singole onde che avanzano, si rincorrono, s’infrangono sulla spiaggia o contro gli scogli, si ritirano, ricominciano, ma ti lasci trasportare, ti lasci cullare dal loro formarsi, dal loro alzarsi e abbassarsi, diventi tu stesso mare, onda. Allo stesso modo, la musica suonata dentro un’orchestra ti avvolge e ti trascina, non distingui più il suono dei singoli strumenti, ma percepisci solo il ritmo e la corrente sonora di cui tu stesso fai parte, diventi tu stesso musica…
Ho suonato nella Grande Orchestra Occitana e ho capito perché in tante lingue europee lo stesso verbo che significa “giocare” (to play, jouer, spielen…) significa anche “suonare”: perché la musica è il più bel gioco del mondo, a tutte le età.
E la musica occitana ha un valore aggiunto: è una musica “con l’anima”, perché ha una storia ed è espressione di una gente, un “popolo” transnazionale diffuso dai Pirenei alle Alpi; un popolo che non rivendica di farsi “nazione politica”, ma si riconosce nella lingua, nella montagna, nella musica come in un testimone passato da generazione a generazione, e che per questo avrà un futuro.
Credevo di aver trovato, nell’organetto, un semplice strumento da suonare: ho trovato una patria ideale, un’appartenenza “musicale” – sommessa ma profonda, leggera ma tenace. Ne è simbolo la Grande Orchestra Occitana.
(maggio 2020)

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