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Visualizzazione dei post da novembre, 2024

Dal diario di una trentenne

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Avevo undici anni quando sono stata “molestata”. I miei genitori, allora, non avevano dato peso alla cosa, forse per proteggermi. E poi, l’ understatement   è la cifra della nostra famiglia. Minimizzare, non drammatizzare sono le nostre parole d’ordine. Solo oggi ho il coraggio di parlarne, dopo aver letto, in un articolo di Elisabetta Rasy, affermazioni coraggiose e controcorrente, come queste:  «Il caso Weinstein ha un merito: ha messo in campo, oltre a uno smodato desiderio di dire la propria opinione e di creare tifoserie contrapposte, un interessante pregiudizio basato sostanzialmente su un unico capo d’accusa: se molestie ci sono state andavano smascherate subito e invece, arrivando anni e anni dopo i fatti, la denuncia delle donne è in colpevole ritardo. Vero, giusto, proprio così, non si potrebbe mettere meglio a fuoco la situazione: la parola delle donne è in ritardo. Solo che non si tratta di quei venti anni dai fatti, cioè dalla prepotenza sessuale del produttore am...

L'eredità di Sándor -2

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La seconda parte della mia trattazione è dedicata ai due romanzi principali di Márai,   Braci   e   La recita di Bolzano .   La recita di Bolzano A mio avviso il capolavoro assoluto di Márai è il suo romanzo più romanzesco, il suo romanzo storico,  La recita di Bolzano . Certo Márai rifiuterebbe l’etichetta di “romanzo storico” per quest’opera: perché se è vero che è ambientata nel 1756 e ha per protagonista un personaggio storico, Giacomo Casanova, è anche vero che – come spiega l’autore stesso nella sua  Avvertenza  al lettore –  «dalle famigerate  Memorie  (l’autobiografia di Casanova, n.d.r.) non ho preso a prestito nulla più che il momento e le circostanze dell’evasione (dai Piombi di Venezia, n.d.r.). Per il resto, tutto quello che il lettore troverà in questo romanzo è fiaba e frutto di invenzione». Invenzione, certo, dal punto di vista della Storia – ma come a noi italiani ha insegnato Manzoni, l’invenzione dell’arte, della poesi...

L'eredità di Sándor -1

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Se c’è uno “spazio” dove l’Europa unita già esiste, da secoli, questo è la letteratura: nella letteratura europea, la diversità delle lingue è un mero accidente, mentre unitari sono – dal Medioevo in poi -  temi, strutture, motivi ricorrenti.  E questo è vero non solo per quanto riguarda la letteratura della cosiddetta Europa Occidentale – non solo nei romanzi inglesi o francesi o tedeschi circola “un’aria di famiglia”: se si legge un libro “orientale” – polacco, o russo o ungherese che sia, si ritrovano le stesse situazioni, le stesse riflessioni, gli stessi valori, e   Sándor Márai  ne è la riprova: scrittore ungherese per nascita e per scelta linguistica, è stato di fatto cittadino d’Europa e del mondo, in parte sì per necessità storica, diciamo per cause di forza maggiore, in parte e forse soprattutto per “vocazione”, o meglio per un suo profondo bisogno interiore: perché anche Márai – come il conte Morstin, il protagonista di una novella di Joseph Roth ...

"I 23 giorni della città di Alba", tra storia e letteratura - 2

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È comunque un dato di fatto indiscutibile che il racconto esibisca, fin dall’incipit, un taglio giornalistico: la prima frase sembra il sottotitolo di un articolo di cronaca, o se si vuole il “lead” che ne sintetizza il contenuto – ma assomiglia anche ad una lapide tombale, con le due date che sole contano, ad indicare l’inizio e la fine di un’avventura breve e intensa come la vita, e nella sua apparenza dimessa e prosaica ha un ritmo marziale, dattilico-anapestico: sono infatti riconoscibili un novenario e un dodecasillabo,   Álba la présero in duemìla // il dieci ottòbre e la pérsero in duecénto   //. La paronomasia   presero-persero   è quasi un gioco di parole, un semplice spostamento di due lettere, ma di quanto significato si carica in questo contesto, che è anche, implicitamente, un bilancio e una denuncia!   Duemila   e   duecento   sono numeri simbolici, solo apparentemente impassibili: il rimprovero, l’amarezza vibrano nella differenza t...