Improvvisi e preludi, di Giannino Balbis
Poesia “dolorosa ma vera”, quella di Giannino Balbis. Talmente dolorosa che deve fingere di giocare con le parole – e ricorre ai calembours, attinge a tutte le varietà linguistiche dell’italiano, conia parole inesistenti sommandone due con un trattino, fa dell’ironia e della musica (fin dal titolo) – per smussare l’atrocità del dire. Del resto, come insegna Pessoa: «Il poeta è un fingitore / finge così completamente / che arriva a fingere che è dolore / il dolore che davvero sente»… Nasce così un gioco di specchi, di rifrazioni continue fra realtà e letteratura, fra Erlebnis e Dichtung , in cui la seconda è il filtro – ora ironico, ora pietoso – che permette di “guardare”, di interrogare la prima, se non di accettarla, e il vissuto è ciò che evita alla poesia di risultare esangue e freddamente erudita, la rende palpitante di umanità, ricca di “motivi” e quindi davvero polisemica e inesauribile, aperta alle più varie interpretazioni – di cui la qui presente è solo un po...