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Il fascino dell'altrui mestiere (intervista impossibile ad Andrea Camilleri)

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Vengo subito al sodo. Come mai uno che ha studiato all’Accademia d’arte drammatica, e di professione faceva il regista e lo sceneggiatore, ha deciso di scrivere, romanzi per giunta? Non le piaceva il suo mestiere? Vede, ero stanco di raccontare le storie d’altri con parole d’altri, volevo raccontare una storia mia con parole mie. Da giovane avevo scritto poesie e brevi racconti, non so perché mi sia venuta l’idea di scrivere un romanzo. Comunque l’ho scritto, l’ho finito nel ’68, ma l’ho pubblicato solo nel ’78. Perché c i ha pensato sopra per dieci anni, prima di darlo alle stampe ? Sarò sincero: l’ho mandato a quattordici editori, di serie A, B, C, e D, e nessuno ha voluto pubblicarlo. Mi dicevano: «No, non ci piace com’è scritto». Nel ’78 un mio amico sceneggiatore mi propone di farne uno sceneggiato per la televisione, e allora un editore, Lalli, mi pubblica il romanzo  Il corso delle cose  – che però non ha quasi nessuna distribuzione. E poi? Tutto ringalluzzito dal libro...